La paura è un’emozione fondamentale per la nostra vita, perché media il rapporto che abbiamo con l’ambiente; è un meccanismo di difesa che ci difende e ci dà la possibilità di metterci in salvo quando incontriamo un pericolo.
La paura infatti risponde a uno stimolo esterno che percepisce come dannoso o minaccioso, permettendoci di attivare una risposta neurofisiologica che ci consente di reagire.
La paura ha anche una funzione sociale: avverte la comunità della presenza di un potenziale pericolo, segnalando un’emergenza a cui occorre far fronte.
Quindi, possiamo dire che una limitata dose di paura è necessaria, anzi fondamentale, per poter affrontare la vita, ma sappiamo anche che è altrettanto essenziale rispondere alle minacce mantenendo lucidità, per evitare di avere reazioni scomposte e dannose.
Ricordiamoci dunque che la paura serve a farci riconoscere quando siamo effettivamente davanti a un potenziale pericolo, e che è un efficace campanello d’allarme per indurci a utilizzare le nostre risorse per difenderci. Al contrario l’ansia è uno stato d’animo che può diventare, se eccessivo, invalidante; questo accade quando non riusciamo a tenerla sotto controllo e quando comincia ad occupare gran parte della nostra giornata, portandoci a percepire ogni situazione come estremamente rischiosa.
Oggi, trovandoci a vivere l’emergenza coronavirus, è necessario un minimo di attivazione per poter seguire le indicazioni che ci vengono fornite per fronteggiare il pericolo, ma un eccesso di allerta può determinare la messa in atto di comportamenti poco lucidi che sappiamo essere assolutamente controproducenti.
Un esempio di comportamento disorganizzato e contagio della paura? La corsa ai supermercati che ha portato le persone a concentrarsi in posti chiusi (favorendo la diffusione del virus) e facendo mancare alcuni alimenti ad altri. Oppure l’assalto a treni e autobus diretti a Sud dopo la firma del decreto che aveva istituito la zona rossa in Lombardia e in altre 14 province del Centro-Nord.
È vero che siamo davanti a un evento senza precedenti: il virus è estremamente contagioso e siamo sottoposti a grandi restrizioni della nostra libertà personale. Ma è altrettanto vero che le manifestazioni dell’ansia sono sempre lestesse: potremmo avere paura e pre-occuparci di quello che potrà capitare, e potremmo riscontrare sintomi fisici come tachicardia, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione e uno stato di perenne allerta.
Sappiamo anche che non tutti i pericoli dipendono da nostre esperienze dirette (per fortuna!), e che noi ne veniamo a conoscenza perché ci affidiamo ai media e alla rete per conoscerli. Ma oggi abbiamo davvero un eccesso di informazioni; la chiamiamo infondemia: il sovraccarico di notizie vere, incerte e false a cui ci sottoponiamo quotidianamente, che ci confondono e ci spaventano.
… come fare a difenderci?
La prima cosa da capire è che noi siamo sempre le stesse persone che eravamo prima, con le stesse risorse che abbiamo messo in campo ogni volta che siamo riusciti a uscire da situazioni difficili o pericolose, a portare a termine un compito o una sfida. Le stesse risorse che adesso possiamo usare per dedicarci a ciò che ci piace fare e che ci può regalare piacere.
Quindi possiamo accogliere il pensiero negativo o il momento d’ansia, ma possiamo anche educarci a lasciarlo andare concentrandoci su qualcosa di diverso, anche se soprattutto l’inizio sarà faticoso.
Per sentirci meno isolati possiamo ricorrere a tutti gli ausili che la tecnologia ci mette a disposizione: videochiamate, telefonate, social network. Se usati bene serviranno senza dubbio per sentirci meno soli.
Allo stesso tempo evitiamo di sottoporci al bombardamento di notizie: è indispensabile essere aggiornati ma è bene non farlo più di due volte al giorno e soprattutto affidandoci a fonti ufficiali.
Occorre proteggersi attraverso l’oggettività: i numeri ci aiutano, i dati ci aiutano. Sappiamo che con i comportamenti giusti possiamo rallentare se non fermare il contagio.
Cerchiamo di ragionare sulle cose, non dobbiamo essere passivi: la riflessione ci dà la sensazione di aver fatto nostro un pensiero e di non essere alla mercé degli altri: sconfigge il senso di impotenza, lo trasforma.
Occorre dare alla paura il sostegno del ragionamento.